Uno studio di RSE indaga, per varie tipologie di utenti e con diverse tecnologie, quanto costa rendersi indipendenti in Italia dalla rete elettrica. La combinazione impiantistica vincente è fotovoltaico, batterie al litio e cogenerazione. Ma con i prezzi attuali andare off-grid non conviene ancora dal punto di vista economico, specie se non si hanno consumi molto elevati.
Tema della ricerca è la cosiddetta grid defection, cioè la rinuncia dei consumatori alla connessione alla rete elettrica, un fenomeno che molti temono si verificherà al calare dei costi delle tecnologie per lo storage e l’autoproduzione, innescando la cosiddetta “spirale della morte”: i costi della rete spalmati su di una platea più ristretta, cioè su chi non si stacca, rendendo più caro il kWh dalla rete pubblica, spingendo altri consumatori alla defection. Questo scenario, mostra l’analisi economica condotta da RSE, al momento però appare piuttosto lontano: “I risultati – commentano i ricercatori – indicano che, con gli attuali costi d’acquisto dei componenti, nessuna delle configurazioni impiantistiche presenti sul mercato appare in grado di raggiungere un costo dell’elettricità che giustifichi economicamente un’azione di grid defection”.
Lo studio considera varie tipologie di utenza (residente o non residente, più o meno energivora) e, a partire da profili reali di consumo elettrico e termico, simula il funzionamento di varie configurazioni impiantistiche in grado di soddisfare con continuità il 100% dei fabbisogni elettrici e in alcuni casi anche termici; configurazioni che sono basate sulle tecnologie di generazione distribuita ad oggi più mature e potenzialmente più competitive dal punto di vista economico per applicazioni residenziali: micro-cogenerazione, solare fotovoltaico e sistemi di accumulo. Stimato il costo dell’elettricità (COE) delle varie soluzioni, lo si mette a confronto sia con le tariffe elettriche attuali, sia con quelle previste dalla riforma recentemente proposta dall’Autorità per l’Energia (vedi grafico).
Dai calcoli si scopre che, soprattutto quando i consumi sono bassi, ad esempio nelle seconde case, a prescindere dalla zona climatica dell’abitazione, staccarsi dalla rete fa spendere molto di più rispetto a non farlo. Il gap economico tra soluzioni di auto-produzione totale e le tariffe di rete tende invece a ridursi significativamente mano a mano che si considerano utenti residenti e con consumi elettrici più elevati.
La configurazione impiantistica più prossima alla convenienza in questi casi è quella costituita da micro-CHP, impianto FV e batteria, in quanto consente di non sfruttare eccessivamente il sistema di accumulo, anche grazie all’apporto della generazione da FV, e contemporaneamente di ridurre le ore di utilizzo del micro-cogeneratore nei mesi più soleggiati; quest’ultimo dà il maggior apporto energetico nel periodo invernale, soddisfacendo nel contempo il fabbisogno termico per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria.
Quanto costa staccarsi dalla rete con questo mix? L’investimento complessivonecessario per un’utenza residenziale (3 kW di potenza impegnata e 3-4mila kWh di consumi l’anno) è di circa 15mila euro (iva esclusa): circa 4.500 € per un impianto fotovoltaico da 3 kW; altri 3.500 € per una batteria al litio da 3,5 kWh; e 7.500 € per un micro-cogeneratore da 1 kW elettrico (e 3,5 kW termici).
Anche nei casi più favorevoli però, come detto, non si batte la convenienza della rete: non si riuscirebbe a scendere al di sotto degli 0,27 € per ogni kWh di energia autoprodotta, a fronte di valori compresi tra 0,18 e 0,25 euro/kWh per l’acquisto da rete.
Al di là di considerazioni economiche – fanno notare i ricercatori – è inoltre bene considerare che la nostra rete di distribuzione offre un servizio mediamente molto affidabile, mentre in caso di grid defection l’utente deve accettare la possibilità che si verifichino interruzioni del servizio di durata presumibilmente maggiore. In questo caso, inoltre, è l’utente finale a doversi fare carico di manutenzione ordinaria e straordinaria (il relativo costo è comunque incluso nel confronto economico fatto da RSE). Insomma, al momento servono altre motivazioni per staccarsi dalla rete: ad esempio il desiderio di indipendenza o la volontà di garantirsi da possibili futuri aumenti delle tariffe elettriche.
Le cose cambieranno con il calare dei prezzi delle batterie e del micro-CHP, “prodotti che nelle piccole taglie considerate sono ancora di nicchia, ma che con maggiori volumi di produzione potrebbero ridursi di prezzo”, ci spiega Luigi Mazzocchi di RSE. Per questo lo studio per i casi più energivori più prossimi alla convenienza, verifica anche come cambierebbero i conti al ridursi dei costi di investimento, ipotizzando un calo del costo di acquisto sia del sistema di accumulo sia del micro-CHP pari al 20%, e successivamente del 30%.
I COE risultanti da tali simulazioni, che nel caso di utenze particolarmente energivore possono raggiungere valori compresi tra 0,21 e 0,22 euro/kWh, dimostrano la potenziale competitività economica di queste soluzioni impiantistiche entro un orizzonte temporale che gli autori dello studio stimano indicativamente in 10-15 anni.