Reti d’impresa, la svolta è arrivata

Reti d’impresa, la svolta è arrivata

Quasi 400 nuove reti in sei mesi: dopo anni di diffidenza un boom spinto anche da leggi ad hoc
Lo studio Intesa Sanpaolo-Mediocredito

Era attesa da anni ed è arrivata: la svolta sulle reti d’impresa è stata registrata dal quarto Osservatorio sul tema di Intesa Sanpaolo – Mediocredito Italiano. Il secondo semestre 2013 ha visto il numero record di 389 nuovi contratti e 1.555 imprese coinvolte. Questo ha portato, alla fine dello scorso dicembre, ad avere 1.353 reti registrate in Camera di Commercio per un totale di 6.435 imprese aderenti.

Non è un fenomeno passeggero: «sicuramente l’accelerazione importante avvenuta nel secondo semestre del 2013 lascia ben sperare in una crescita ulteriore nel 2014 – sottolinea Giovanni Foresti, curatore dello studio ed economista del servizio Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo -. È un crescendo, i numeri sono sempre più importanti».  La spinta è arrivata da Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna e Lazio, regioni particolarmente attive negli ultimi sei mesi dello scorso anno.

reti d’impresa

Il grafico qui sopra fa capire come la differenza di vivacità delle diverse regioni sia notevolissima, e non a caso. «Alla base di questo aumento c’è un mix di fattori – continua Foresti -. Le regioni più avanti in questo campo, come la Lombardia e l’Abruzzo, si sono certamente date da fare, attraverso bandi pubblici. Tali bandi contengono incentivi economici di diverso tipo, dai finanziamenti a fondo perduto a quelli a tassi agevolati. Ciò che li accomuna è che sono spesso legati a obiettivi di competitività sul fronte dell’internazionalizzazione e dell’innovazione».

C’è anche dell’altro alla base della svolta, sia di tipo culturale che di contesto normativo. «Altre spinte forti – spiega l’autore dello studio – sono state da una parte la maggiore conoscenza dello strumento da parte degli imprenditori e il conseguente spirito di imitazione. Dall’altra una normativa divenuta meno incerta. Per esempio, nel 2013 è stata varata una norma finalizzata a semplificare l’utilizzo del personale tra le diverse imprese. Inoltre l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha reso più chiara la possibilità di partecipare a bandi da parte di imprese in rete».

Le imprese manifatturiere in rete presentano un miglior posizionamento competitivo rispetto a quelle non coinvolte in contratti di rete. È più alta la quota di chi può vantare attività di export (51,6% circa contro il 29,8%), certificati di qualità (28% contro il 15,7%), partecipate estere (15,9% contro il 6%), marchi registrati a livello internazionale (16,5% contro il 7,1%), brevetti richiesti all’Epo (16,8% contro il 6,4%), certificati ambientali (14,3% contro il 5,7%).

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In parte queste differenze sono dovute al fatto che chi sceglie questo contratto ha già dei fondamentali migliori della media. «Ma i dati ci dicono – continua l’autore dello studio – che anche le imprese più in ritardo, quelle meno inserite in gruppi o presenti all’estero, cominciano a unirsi in rete. In precedenza facevano ricorso a questi contratti solo quelle già eccellenti».

 

A mettersi assieme sono aziende molto spesso radicalmente diverse tra loro. Basti pensare che nel 54,7% dei casi le imprese appartiene a macrosettori diversi.

reti d’impresa

Ci possono essere società, come in uno degli esempi più interessanti, che appartengo al settore agroalimentare, che si mettono in rete con altre del settore turistico. Così è avvenuto a Siena con la rete della pasta. In casi più tipici, società del settore della meccanica, valide sul lato produttivo ma con difficoltà di innovazione ed espansione, hanno stretto contratti di rete con aziende che fanno ricerca e sviluppo e o attività commerciale.

Un esempio di questo tipo è quello della rete Mech-Net: formata da 12 imprese artigiane della provincia di Varese, tra loro complementari nel settore della metalmeccanica, ha già sviluppato due nuovi prodotti (in fase di brevettazione) grazie alla presenza all’interno della rete di una società di “engineering”. Per la prima volta molte aziende aderenti sono riuscite a proporsi all’estero, a farsi conoscere attraverso il web e a partecipare a fiere internazionali.

L’espansione in India è invece stato l’obiettivo della rete Italian Technology Center (Itc), anch’essa costituita da 12 imprese non concorrenti di piccole e medie dimensioni, guidate dalla capofila Losma. Si sono poste l’obiettivo di presidiare il mercato indiano attraverso la creazione di un’infrastruttura logistico-commerciale che potrà essere utilizzata individualmente da ogni impresa per realizzare le proprie strategie commerciali e moltiplicare le occasioni di incontro con imprese locali.

La rete Cactooos, invece, è composta da quattro imprese di piccole dimensioni che dalla loro alleanza hanno creato un marchio comune e mirano a sviluppare, su un’unica piattaforma operativa, tecnologie laser in grado di realizzare lavorazioni di incisione su stampi di texture non disponibili sul mercato.
Posti i vantaggi delle esperienze presentate, lo studio mette in guardia che le reti d’impresa non sono una panacea. Nel 2012, infatti, le imprese che erano già in rete nel 2011 hanno mostrato un calo del fatturato solo di poco inferiore a quello delle imprese non in rete (-4,2% vs. -4,9 per cento). Sul fronte reddituale, invece, i riscontri sono maggiormente visibili, con una tenuta maggiore per le imprese coinvolte in rete che in termini di Ebitda margin hanno perso “solo” 2 decimi di punto percentuale (scendendo nel 2012 al 7,6% dal 7,8% del 2011) rispetto ai 6 decimi persi dalle altre imprese (da 7,6% a 7 per cento).
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